top of page
Delivering Package

Tutor privato: offerte!

Dopo la prima lezione e il primo incontro conoscitivo, grandi offerte su tutoraggio online e aiuto compiti, attività extrascolastiche e lezioni di italiano per stranieri!

Take Me (I’m Yours). Una grande esegesi sociologica

Aggiornamento: 2 giu 2018

Mi sembra che più chiaro di così, anche volendo non capire, lascia pochi spazi al dubbio. Ieri, 31 maggio, all’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici - è stata presentata Take Me (I’m yours), mostra collettiva dei 15 pensionnaires di Villa Medici affiancati da numerosi artisti internazionali, per un totale di 89 artisti. La mostra sarà possibile visitarla fino a esaurimento delle opere!


Sin dalle prime sperimentazioni negli anni Cinquanta, le performances art e gli happening tendono all'abolizione della distinzione tra artisti e spettatori, facendo della partecipazione l'elemento protagonista. Allan Kaprow, artista statunitense, con 18 Happenings in 6 Parts (New York, 1959), dette inizio a questa nuova modalità di concepire l’opera d’arte. Ma ieri in quest'occasione l'opera non è stata solo partecipata ma anche modificata, staccata, divisa da se stessa e destinata ad altro spazio. L'opera così non è stata delimitata nello spazio adibito alla fruizione dell'installazione, ma piuttosto, per un uso esperenziale, destinata a perdurare nel ricordo.


L'evento è stato dedicato alla memoria dell'artista belga Jef Geys, sostenitore di un’arte concettualea, a cui va il merito della prima edizione della mostra; noto per i forti motivi sociali e politici che connaturavano i suoi lavori, Geys, partiva dall'idea che ogni società, autorità, istituzione, organizzazione, persona, includa in sé i semi della propria distruzione, il primo e più importante compito di ogni società o autorità, secondo l'artista, era riconoscere, isolare e neutralizzare questi semi.


Fortemente voluta dalla direttrice dell'Accademia di Francia, Muriel Mayette-Holtz e a cura di Christian Boltanski, Hans Ulrich Obrist e Chiara Parisi, Take Me (I’m yours) è una delle più vaste mostre d’arte contemporanea mai presentate a Villa Medici.


Christian Boltanski, classe '44, è un'artista francese molto considerato in patria. Il suo lavoro è pervaso dal tema della morte, della memoria e della perdita.


Hans Ulrich Obrist è un curatore e critico svizzero, direttore presso la Serpentine Galleries di Londra.


Chiara Parisi curatrice di mostre d’arte è una storica dell’arte contemporanea.


La mostra abbatte la barriera fisica e legale che separa il fruitore dall'opera, invitandolo a portare, entro certi limiti, con sé, un ricordo; così facendo interviene nell'opera, la modifica e la continua; senza più un controllo né personale da parte dell'artista né a questo punto professionale, ma viene affidata al caso, al fluido indistinguibile della vita, che la sparge, come pula al vento, nel tempo e nello spazio, divenendo estensione e collegamento tra concepimento-matrice e ispirazione, ricordo, memoria e pubblico.



Difficilmente, secondo una statistica pregiudiziale, ci sarà qualcuno che la incornicerà per appenderla in salotto. Il pezzo dell'opera avrà svariate destinazioni. Cassetto, parete, teca, automobile, spazzatura, regalo, scatola dei ricordi di due fidanzati, ecc.


L'installazione, e, la performance in essa disciolta, riproduce la realtà: dopo il parto e l'esorcizzazione di una sensazione e di un ricordo, l'artista, è difficile che sappia la destinazione del suo lavoro. A darne proseguo è sempre il pubblico, il quale ha la possibilità di prenderne possesso, in questo caso gratuitamente.


L’interazione che si viene a creare tra artista, fruitore e medium diviene il contenuto stesso dell’esperienza artistica. Per fare un esempio mi vengono in mente le pratiche di Fluxus o di artisti quali Yoko Ono o Dan Graham, le cui performance e installazioni traggono la propria linfa dalla presenza e dall'azione del pubblico, a cui l’opera - così come il performer - è strettamente legato da una interdipendenza.




Claire Bishop, storica dell'arte americana, teorizzò il concetto di performance delegata, qui al contrario dell'usuale performance, il corpo fisico dell'artista è assente dall'opera, esiste in un prequel, ma ora l'opera è in mano completamente al pubblico che mette in luce determinati aspetti sociologici e psicologici.


Il divertimento: gli adulti sono dei bambini ai quali è stato insegnato di essere adulti, appena gli danno la possibilità di giocare essi giocano, poi c'è chi più chi meno ha interiorizzato la pratica. Il gioco, oltre che libera espressione di sé, è un rimettersi in contatto con il proprio mondo interiore, con le proprie emozioni. Solo attraverso le emozioni apprendiamo veramente. Gesù, scrissero i Vangeli, disse che il verbo si deve fare carne, per essere appreso.


Altra componente psico-sociologica mostrata è l'istinto di sopravvivenza che mette in atto la persona, non appena fornisci qualcosa gratuitamente, questa sarà portato istintivamente ad accaparrarsene, senza pensare al suo uso o alla sua utilità. Non vi agisce criterio di scelta alcuna. Agisce.


La ragione interverrà solo in seconda battuta, quando deciderà la destinazione d'uso dell'opera, a questo punto degradata ad oggetto. Non si pensa ad un possibile risparmio di carta e materiali, per una nuova destinazione. Non si pensa che per fabbricare carta si usano macchinari, che utilizzano a loro volta, per la maggior parte, petrolio, quindi spesa e rapporti diplomatici con Stati che, nemmeno lontanamente, rispettano i principi elencati dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Non si pensa che per produrre quella carta sono stati tagliati alberi, disboscate foreste, distrutto habitat per altre specie animali. No, è sempre l'esagerazione di chi scrive.


Da notare comunque che nessuno ha distrutto le opere o dato fuoco al palazzo, indice che l’elemento di persuasione e controllo, appreso dalle coscienze, opportunamente coadiuvato da alcuni addetti, è sempre stato vigile e forse necessario.


L'istinto di distruzione, nell'essere umano, va al pari passo con l'istinto di autoconservazione.


Il fruitore si è sentito rivestito allora di due fattori: di responsabilità e di riconoscimento sociale di far parte della comunità, che lo ha indotto ad un comportamento "decoroso" e soprattutto legale, così facendo è stato palese lo slittamento della modalità di percepire la performance.



Il fruitore ha deciso – più o meno consapevolmente - di sottomettersi e di scegliere, in un certo senso di farsi illudere, nonostante il ruolo attivo che gli era stato fatto intuire, di partecipare con la propria azione alla performance, la quale non lasciava che poco margine di autonomia. Tutto è stato perfettamente calcolato e il pubblico guidato.


Il senso di smarrimento, misto a dubbio e scetticismo, è scomparso nel momento in cui il "lo posso fare!", "mi è consentito", è esploso. I romani comandavano con panem et circenses e qui è valso il principio più potente che esista: l'illusione della libertà.


L'illusione della libertà è in realtà molto più potente di qualsiasi soft power, perché la libertà è pericolosa e richiede una tale responsabilità delle proprie azioni che nessuno la desidera veramente, mentre l'illusione della libertà è il prodotto più facilmente vendibile e commerciabile.


Così l'installazione di una collettiva partecipata ha creato una intera gigantesca opera-performance a cui tutti sono invitati a partecipare, visitare e godere.


Pier Paolo Piscopo



0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments

Rated 0 out of 5 stars.
No ratings yet

Add a rating
bottom of page