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nella Casa di Goethe: “Zwischenraum” di Elisa Montessori

Aggiornamento: 8 mag 2018

L’opera non rappresenta ma fa le veci di un assente quando vuole comunicare un concetto: un concetto è composto da diramazioni di pensieri ed è amalgamato, come una malta, dal sublime del sentimento; quanto più la creazione riesce a vivere nel pensiero del fruitore, quanto più l’opera ha raggiunto il suo scopo: vivere.


Il 31 gennaio 2018 è stato l’ultimo giorno della mostra Collezionare al CorsoDisegni, grafiche e taccuini della Casa di Goethe. Per l’occasione l’artista italiana Elisa Montessori, genovese ma romana d’adozione, ha cancellato alle 17.30 in situ la sua opera estemporanea Zwischenraum (1979 e 2017), da un disegno Il tempio della Sibilla a Tivoli (1745) di C.W.E. Dietrich, pittore del settecento tedesco, facente parte della mostra.




L’happening è stato ripreso in diretta dal videomaker milanese Leonardo Gervasi, regista di gran parte dei video prodotti da Virgin Music Italy e alcune trasmissioni Rai.


Zwischenraum già la scelta del titolo è significativa, spazio-intervallo che compone; la lingua tedesca ha una sorta di alone di mistero, un’anima romantica che la rende temibile e affascinante, è capace di alludere ad un concetto con una sola parola.


Elisa Montessori ha operato in relazione all’ambiente circostante rievocando un’interdipendenza tra il pieno e il vuoto, sia del segno grafico che dell’intervallo inserito nell’opera stessa di Dietrich.


Quello che poi è stato unico dell’opera è stata la sua gestazione in tre momenti distinti, come se avesse avuto tre cicli: uno nella realizzazione, quando la stampa di Dietrich è stata tagliata in due e trasporta sul muro; in quell’intervallo vi è nato il secondo ciclo; la realizzazione dei segni-paesaggio apportati da Elisa in quel vuoto, ideogrammi spezzati, tratti allusivi e rarefatti; Elisa Montessori ha come sgranato i pixel dell’immagine, con l’effetto che si ottiene quando s’ingrandisce con le dita una foto di un touchscreen.


Così esposta ha raccontato ai visitatori quello che l’artista voleva comunicare durante l’intervallo del tempo della mostra.



L’opera in questione però ha avuto un terzo ciclo, la scomparsa.


Come il vernissage inaugura, il termine è dovuto al tipo di vernice utilizzato per proteggere i dipinti, così il finissage decreta la fine di una mostra, ma in questo caso è stato un atto che ha decretato anche la fine dell’opera e nel suo disfarsi ha avuto il suo terzo e ultimo ciclo: il momento immanente dell’opera stessa quando muta verso la sua scomparsa. La metamorfosi di quel disegno, che Elisa accuratamente e con un semplice straccio cancellava, nella mente dei fruitori sollecitava immagini idiosincratiche; continuando a comunicare continuava a creare un inconscio riverbero di pensieri, come se richiamasse il cyberspazio della nostra mente!



L’opera va contro l’insita condizione stessa dell’arte di questo periodo, la sua riproducibilità: qui il fruitore è stato intento a fissarla nella mente, costretto a rintracciarne l’essenza, l’opera non ha perso la sua aureola di sacralità, è stata unica, inimitabile, non più evocabile.


Di quei gesti aerei, intervalli di vuoti e silenzi, come le pause che compongono la musica e la distinguono da una linea retta di costante rumore, non ne è rimasto che un ricordo.

Michelangelo diceva che il gesto artistico è racchiuso nel togliere, così Elisa sotto quel segno assenza, tra astrazione e evocazione, ha lasciato che la mente si fondesse insieme all'opera.



Pier Paolo Piscopo

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