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Morti in mare: Ricerca della patria e della solitudine - Prospettiva del tutor di filosofia

Immagine del redattore: Pier Paolo PiscopoPier Paolo Piscopo

Aggiornamento: 29 ago 2023


"La superficialità uccide", descrisse così, commentando la banalità del male, Hanna Arendt i totalitarismi del XX sec e oggi lo adottiamo per un altro modo di esercitare il male: le morti in mare.



Sabato 11 marzo 2023 si è tenuta una manifestazione per ricordare le vittime e per chiedere un cambiamento nella politica migratoria dell'Unione Europea. L'evento è stato organizzato a seguito del naufragio avvenuto il 26 febbraio scorso al largo delle coste calabresi, a Steccato di Cutro, in cui hanno perso la vita più di 75 persone.


Le organizzazioni che hanno promosso l'evento hanno chiesto la fine del sistema di respingimento, la chiusura dei centri di detenzione in Libia e il ripristino delle operazioni di ricerca e salvataggio in mare.


Il contesto in cui si è svolta la manifestazione è quello di una politica migratoria europea sempre più restrittiva, volta a contrastare l'arrivo di migranti irregolari. Tuttavia, ciò ha portato a un aumento del numero di morti in mare, poiché sempre più persone tentano di raggiungere l'Europa attraverso rotte sempre più pericolose controllate dai trafficanti. Questi trafficanti sono attualmente l'unico mezzo per i migranti di sfuggire alla povertà, alle guerre, a varie forme di persecuzione e ai disastri ambientali.


La manifestazione intendeva richiamare l'attenzione su questa crisi umanitaria e chiedere una politica migratoria più umana e rispettosa dei diritti umani. Tale politica potrebbe affrontare le cause profonde dell'emigrazione e offrire un futuro migliore a chi è costretto a fuggire dalle proprie case.


A due settimane dalla tragedia, il mare continua a consegnare corpi. Domenica è stata identificata la 79esima vittima. Un bambino, uno dei naufraghi morti dopo che la loro imbarcazione si è spezzata all'alba non lontano dalla costa. Più di cinquemila persone si erano riunite per rendere omaggio a quelle vittime, per porre domande all'interlocutore che forse è l'unico che può dare una risposta a chi non può, anche se schietto e spietato, la gente oggi vuole la verità.


Come insegnante di filosofia, il mio compito è quello di scrivere e trasmettere emozioni prima che nozioni. In questo articolo cercherò di farlo. Qui non troverete statistiche, ma una marea di sentimenti e speranze macchiate da ciò che è accaduto.


Il sole è caldo e la notte è ancora fredda a Steccato di Cutro. I pescatori non sanno più con quale coraggio andare a pescare, anche a 150 metri dalla riva, tanti metri che mancavano per porre fine a quel primo viaggio, il viaggio di sbarco dei migranti, il primo di tanti. Nessuno vuole ritrovarsi impigliato nelle loro reti, sputato dal mare. Qualche cadavere al posto dei pesci. Deve essere un'immagine che lascia il segno e intenerisce lo spirito.



Uniti in lutto e dolore per le vittime del naufragio di Cutro del 26 febbraio 2023. La comunità si riunisce sabato 11 marzo 2023 sulla spiaggia di Steccato di Cutro per onorare le vittime migranti del naufragio, strappate via troppo presto. Che il loro ricordo sia sempre vivo e che la loro tragica perdita ci spinga a fare di più per garantire la sicurezza e il salvataggio in mare
Uniti in lutto e dolore per le vittime del naufragio di Cutro del 26 febbraio 2023.


Ciò solleva una serie di domande: Perché c'è una così grande disuguaglianza tra le nazioni del mondo? Perché ci sono Paesi ricchi e Paesi poveri? Perché alcuni hanno il diritto di vivere in pace e prosperità mentre altri sono costretti a fuggire dalle loro case e a rischiare la vita in cerca di speranza altrove?


Domande elementari sospese nell'aria. Dall'etere delle bocche dei televisori a raggi catodici accesi, dagli schermi fosforescenti degli smartphone nelle case e nei salotti della gente. Non si sente più né il suono né l'odore del mare, ma qualcosa che si riversa sulla palude del nostro pensiero abituale, verità slegate, dissolte, sparse e lasciate lì sul pavimento.


A occhi chiusi si sente l'odore, lo si vive, lo si tocca, ci si immerge, si è travolti dai 30 secondi che ci vogliono per finire intrappolati sott'acqua... la barca si rovescia, i piedi intrappolati, la gente che urla perché non sa nuotare, la barca va a fondo, il relitto, e ti trascina con sé.


Gesti a cui la storia si abituerà.


Il fiume della processione portava fiori in omaggio ai morti. Eravamo fedeli in processione a un dio pagano, chiedendo perdono, e non più perché.


Il rapporto dell'uomo con il mare è antico, il popolo è avezzo, lo conosce, non compie il male il mare. Traslata la manifestazione, il corteo che dal paese è arrivato in un'ora e mezza alla spiaggia ha chiesto concilio tributario con il mare, gli ha devoluto delle azioni votive, ne ha confitto nella sua carne di sabbia dei fiori.


Il mare sempre lo stesso si accavalla si avvicina striato tranquillo viene risucchiato raccolto a ogni onda la schiuma gorgoglia sospinta, diversa poi uguale senza un milione delle altre onde sarebbe lo stesso il mare e il suo odore non ha più importanza nemmeno le coste a lungo osservate ce l'hanno.


Gli occhi per sempre chiusi slavati laggiù trafugati su quelle coste dove ora spuntano un tulipano, luminoso microfono spento, un crisantemo un garofano 30 secondi il tempo che il mare si riprenda anche quelli.


Il salmastro sulla vernice fresca scrostata delle persiane acceca, le coste a lungo cercate non ne hanno più di luce né di dolore, spento è passato come testimone ai suoi cari.


Ed è tutto un capitombolo la testa l'affanno il respiro, un corpo nudo poi un altro nell'intermezzo il vento senza tregua in un grande spazio di silenzio immenso corre sullo stagno aperto un vuoto che palpita dove ci si buttano dei fiori e dei corpi senza parlare, l'occhio sul mondo una vetrina di suoni altri corpi nudi poi tratte in braccio le loro bare sono lì per farci pregare, parlare, ascoltare.


Simone Weil, filosofa francese del XX secolo, sottolineò l'importanza di ascoltare la voce dei migranti e dei rifugiati, perché sono coloro che conoscono la verità sulla condizione umana, quanto grande e quanto misera può essere allo stesso tempo.


Io ho visto un'umanità buona, che si è riunita col mare, chiedondo a lui di non fare, quello che altri dovrebbero invece, come infoltire gli aiuti umanitari, aprire corridoi, mettere a disposizione più visti di lavoro, raccogliere le adesioni, senza l'ipocrisia di non volerli lasciar morire in mare e poi accoglierli e destinargli una vita da diversi in perenne ricerca di un'accettazione come esseri umani.


Ricorda Heidegger, nell'opera "Essere e Tempo", l'essere umano è sempre in cerca di una patria, ma questa ricerca può portare sia alla solidità che alla solitudine, l'essere umano è un essere nel mondo, ma il mondo è anche un luogo di estraniamento e di radicamento.


La manifestazione di sabato ha dato voce a chi non c'è più e ha richiamato l'attenzione sulla necessità di trovare soluzioni per prevenire futuri disastri, offrire un'adeguata assistenza, soccorso e accoglienza. È importante che queste tematiche rimangano al centro del dibattito pubblico e che sia trovata una soluzione duratura per garantire i diritti e la dignità di ogni persona che cerca una vita migliore.





Di Pier Paolo Piscopo


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