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COSTA D'AVORIO: IDENTITÀ E VITALITÀ DELL'ARTE CONTEMPORANEA

Aggiornamento: 8 giu 2018


L’Ambasciata della Repubblica della Costa d'Avorio in Italia ha presentato al Mattatoio di Roma l’esposizione Costa d'Avorio: Identità e vitalità dell'arte contemporanea a cura di Massimo Scaringella, critico e curatore italiano, con l'organizzazione di Simona Vidoni Assistente Affari Culturali dell'Ambasciata Côte d'Ivoire.


In mostra un centinaio di opere di 13 artisti noti sulla scena internazionale, che risaltano l'identità di una realtà vitale e dinamica.

L'immigrazione dal punto di vista della politica interna storica è stato solo un problema. Oggi dobbiamo promuovere iniziative, come questa, che servano di stimolo alle culture per incontrasi. Togliere i soldi all'accoglienza è deleterio. Ora stiamo ponendo le basi della società del domani. In ottemperanza di ciò dobbiamo pensare e agire. Chiuderci. Isolarsi. Non serve a niente.


Serve solo a posporre il problema. Dobbiamo industriarci ad evitare ciò che sta succedendo in Francia o Inghilterra. Dobbiamo evitare che nostri futuri concittadini si rivoltino contro il proprio stesso Stato, la propria stessa casa e comunità. Dobbiamo preparare un mondo libero.


In ogni opera si respirava silenzio, in ogni attimo il pensiero rubava gli occhi della mente e rivolgeva lo sguardo al di là del mare. Sempre costante un pensiero. Rattoppi. Collage. Maquillage. Esigenze. Fil di ferro. Foto. Legno. Grafite. Tanto legno. Extension divenute corpi morti di sirene, deposte pesanti dallo stesso mare.


Che fine faremo è la domanda che traina l'osservazione di questo silenzio. Eppure una mano sul cuore, per scoprire se tutto questo lo si sta facendo con sincerità e cosa più importante - con umiltà lo dico - devozione verso l'altro, sarebbe di buon auspicio.


Le opere evocano passaggi antichi. Sapori. Ricordi.

Eppure sono stato posto in questo luogo, piuttosto che in un altro ed in questo tempo, non in un altro, di tutta questa eternità che mi ha preceduto e di tutta quella che mi segue non posso sentirne il profumo senza di te.

Quasi come souvenir, nel suggestivo scenario di questo ex mattatoio - se chiudiamo gli occhi sentiamo ancora urlare le bestie trattate come animali e un'eco ripetere i nostri figli saranno vegetariani - sono stati portati come doni lasciati in luogo di stoccaggio. Prenderanno poi strade diverse? Si disperderanno nel mondo?






Da ogni parte vedo soltanto un noi infinito o dei del pensiero, che mi racchiudono come un'ombra che è contenta del sole, ma dura soltanto un istante ed è senza parole. So soltanto che debbo ben presto morire, ma ignoro più di ogni altra cosa questa stessa morte, pochi secondi che non potrei evitare.

Se la guardo dal punto di vista di coloro che fuggono, non ci sono alternative, Abdelmalek Sayad, invita ad analizzare il fenomeno dell’immigrazione come un fatto sociale totale. C’è chi sostiene queste persone perché ritiene legittimo il loro diritto di fuga e c’è un’altra parte di popolazione che dice no.


Se dovesse prevalere la prima idea, l’Europa si proporrebbe come una società che diventa un punto di riferimento. Senza aver bisogno di difendere i propri umani errori dietro quelle, se pur piccole, bugie, che creano solo attriti, sassolini nell'ingranaggio di una convivenza sperata futura.


Mentre se dovesse prevalere il secondo punto di vista, l’Europa perderebbe quel ruolo di guida che ha avuto fin oggi da dopo la seconda guerra in termini di diritti e principi democratici. Basta capire e aver fede.



Pier Paolo Piscopo

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