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Immagine del redattorePier Paolo Piscopo

Chapman e Herkenhoener alla Galleria T292

Aggiornamento: 22 nov 2018


Un approccio più aperto al contesto mondiale presenta la Galleria T292.


Ieri all'inaugurazione della mostra di due giovani artisti, Henry Chapman e Fabian Herkenhoener, classe '87 e '84 rispettivamente, uno statunitense l'altro tedesco, nella sede romana di Via Ripense 6 a Trastevere.


Enormi tele s'ergono nelle grandi sale. I due artisti, amici a distanza e sempre in viaggio, si sono riscoperti nel lavoro simile che stavano affrontando: una commistione di linguaggio pittorico e letterario, poetico al fine di una mussitazione interna, emotiva, preconcettuale da parte dello spettatore.


La narrazione del matrimonio dei due linguaggi restituisce visivamente un messaggio: da parte di Chapman l'azione politica pregna di un amore passionale; da parte di Herkenhoener la ricerca di una guida spirituale in questa materialità fugace.


Herkenhoener lavora per sovrapposizioni di segno e linguaggio al fine di una cacofonia, come specchio del mondo moderno. Usa le bombolette a spray, perché, come dice, i pennelli e la pittura a olio sono troppo lenti, accademici per il suo temperamento impulsivo e impaziente. Lascia, lavorando con il caso e l'intuito, ai dipinti lo spazio per evolversi e costruirsi da soli. Confessa che attraverso essi vuole tenere nascoste le sue parole scritte, quasi le confonde. Gli eventi politici, frase molto interessante ma distante, sono per lui la "manifestazione di movimenti di un corpo sociale".


Chapman realizza ritratti immaginari che estrapola da situazioni reali che ha vissuto e poi riportati in un piccolo racconto scritto: "Crystal".


Quello che ho visto mi ha subito richiamato alla memoria: Mimmo Rotella, Jim Dine in House of Words e Aldo Mondino. Questa estrapolazione del tempo, questo riassorbire e riprodurre il brusio delle città, l'infantilità dell'emozione segnica.


Sono andato a cercare il significato delle loro opere e mi è venuto da ridere, ero come uno scolaretto, in una giornata buia di novembre, che non voleva entrare in classe.


Ci ho visto lo specchio del reale, dei nostri tempi e se questo è, i due artisti ne hanno fatto un ritratto innegabilmente fedele.


S'inizia a capire, quando non cerchi più il significato ma la sensazione.


Le frasi di Herkenhoener allora non erano lì per dirmi qualcosa ma per riprodurre il rompere dei significati contemporaneo, in questo oberato di voci, informazioni, interferenze, frequenze intermittenti, spot pubblicitari e immagini veloci e inarrivabili, irraggiungibili. La sua è una scrittura che riproduce il perdere del significato generale, complessivo; nel mondo oggi siamo dispersi e disorientati dai particolari.


Ecco il frastuono dei clacson, dei pop-up, delle reclame, dei lanci di agenzie di stampa, dei messaggi WhatsApp.


Chapman nel suo non-finito effigia l'evanescenza, le orme lasciate dalla materia, ecco allora le situazioni abbandonate, annusate, appena percepite.


In questa evanescenza ci vedo l'online, l'estrapolazione decontestualizzata di un momento preciso dell'essere: la comunicazione dà l'impressione del reale, ma in realtà n'è solo un accenno, un momento.


V'invito a leggere qui una scoperta!




Pier Paolo Piscopo

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