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AlbumArte – Spazio e Progetti per l’Arte Contemporanea di Cosimo Veneziano

Aggiornamento: 8 mag 2018


Memoria è volgere lo sguardo indietro… In Memorie dal sottosuolo di Dostoevskij, l’io narrante affronta la complessità della realtà e non riesce ad agire…è sormontato dal tempo che fu, e ancora coinvolge.


Lo siazio d’arte no-profit AlbumArte presenta Rompi la finestra e ruba i frammenti!          La personale di Cosimo Veneziano a cura di Benedetta Carpi De Resmini, critico e docente d’arte alla Business School del Sole24ore, inaugurando, il ciclo promosso dalla galleria, AlbumArte Flash! le mostre brevi di AlbumArte.


Cosimo Veneziano studia il ruolo del tempo e il suo valore iconico, nello spazio pubblico della società contemporanea, come collettività, e, sull’individuo: proponendo diverse opere d’interpretazione.


Lo sguardo dell’artista è rivolto ai luoghi simbolo della memoria, come i monumenti e le opere pubbliche, i quali, anche se distrutti, non vanno perduti ma si trasformano in frammenti di qualcos’altro, fino a divenire testimonianze.


Si frantuma l’idea di opera e gli si dona un’altra vita in una nuova interpretazione.

Succede quando viene affrontato l’impiego della manovalanza femminile ai tempi delle prime meccanizzazioni dell’industria. Cosimo ha studiato, nell’archivio storico, le schede delle operaie del Padiglione 52, reparto di maestranze femminili dell’ex calzaturificio Superga, a Torino. Andando poi a trovare le stesse operaie, oramai anziane, nelle loro abitazioni, si è fatto mimare i movimenti che eseguivano (inserire il tessuto nella macchina e permettere la cucitura alla tomaia di gomma).


Il lavoro delle mani viene così immortalato in matrici serigrafiche blue, incise con inserti e testi di letteratura critica sul tema; le mani divengono testimonianza di un lavoro che non si vede nella forza impiegata ma nella resistenza e nel logoramento di questi corpi, che divengono corpi industriali, corpi-macchina, in una denuncia del lavoro automatizzato.


Il rapporto tempo-materia-memoria non è però univoco. I monumenti non sono solo memoria del tempo che fu; in molte società sono semplici luoghi estetici; Cosimo così riesce a far dialogare diverse concezioni in altrettante opere.


In The monument una copertura di feltro è tagliata e da una piccola fenditura si scorge il monumento disegnato a china dietro, il feltro copre ed elimina il circostante per dirigere l’attenzione esclusivamente sul monumento; lo sguardo è costretto a prendere coscienza del monumento come oggetto estetico e non come memoria: l’oggetto resta neutrale, non esprime nessun particolare del sentimento dello spirito del tempo.


Al contrario di quando il monumento si carica di connotazione celebrativa sociale e testimonia le aspirazioni di un popolo nel regime che lo erige; qui il tempo è auto-celebrazione di un sé nella massa, in modo che il collettivo si riconosca nell’Individuo dittatore, nel caso delle dittature, o in un’ideale incarnato, nel caso dei totalitarismi, fino ad essere distrutto dal nuovo spirito dei tempi che sovverte l’ordine precedente.


Nei frammenti di un’opera che viene distrutta Cosimo indaga quale vita gli possa sopravvivere, in quale reinterpretazione collettiva; ed è allora che i disegni di sculture religiose di recente distruzione nei conflitti in Medio-Oriente dall’ISIS, invitano a riflettere sulla perdita di un patrimonio culturale dell’umanità, componendo così la serie Petrolio, ripresa dal famoso testo di Pasolini.





Infine, soggiornando nelle comunità montane di confine tra Svizzera, Italia e Francia, l’artista acquisisce consapevolezza di quanto alcune ideologie culturali (o politiche) respirano loro stesse il confine, come influenza culturale, perdendo i connotati propri per divenire l’opposto: contaminazione.


Così su alcune lastre acetate trasparenti, esposte di taglio, perpendicolari al muro, possiamo vedere nei fronteretro disegnati, proprio questa contaminazione iconica, dove le simbologie si compenetrano e i disegni si sovrappongono.


L’artista nel 2012 è intervenuto anche su’una preesistente fontana (realizzata agli inizi del XX secolo, caratterizzata da una pozza d’acqua e da due ampie mura laterali) di via Verolengo a Torino (nell’area in cui sorgeva il Padiglione 52) inserendovi le lastre del lavoro sulla fabbrica Superga, riqualificando così la fontana e l’area, donandogli nuova vita, è risorta, anch’essa, come luogo di memoria, come per dare un riconoscimento a quello che altrimenti si rischiava di dimenticare.


L’opera So, is this a monument? grazie alla Legge 29 luglio 1949, n. 717  è riuscita a vedere la propria realizzazione.


La legge infatti obbliga le Amministrazioni dello Stato e tutti gli altri Enti pubblici, che provvedano all’esecuzione di nuove costruzioni di edifici pubblici, di destinare, all’abbellimento di essi, mediante opere d’arte, una quota, non superiore al 2%, della spesa totale prevista nel progetto; nel 2015 il Comune così ha dedicato ufficialmente l’area alla memoria delle operaie della Superga.


La mostra da non perdere è in Via Flaminia 122 a Roma; sarà aperta al pubblico fino al 10 febbraio 2018 dal lunedì al sabato 15.00 – 19.00.




Pier Paolo Piscopo

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